giovedì 30 luglio 2020

Infuso di Foglie d'Ulivo

Infuso di foglie di ulivo: come si prepara l’antibiotico naturale più potente al mondo



Lefoglie di ulivo vengono spesso scartate durante il processo di raccolta delle olive per la produzione dell’olio d’oliva. Tuttavia, in pochi sanno che queste potenti foglie sono state usate per secoli dai nostri antenati, in quanto ricche di benefici per la nostra salute. Oggi vengono apprezzate fra gli amanti della medicina tradizionale, e vengono commercializzate anche sotto forma di integratori.


L’estratto di foglie di ulivo ha tanti benefici per la nostra salute: contiene oleuropeina, un polifenolo che ha grandi proprietà antiossidanti, antibatteriche, antinfiammatorie e immunostimolante. 
L’oleuropeina viene scomposta nel nostro organismo in una sostanza che uccide virus, batteri e funghi. 
L’infuso di foglie di ulivo ha anche un potente effetto antibiotico.

Diabete: Infuso ed estratto di foglie di ulivo possono essere utili nel trattamento del diabete, in quanto molto efficaci nel ridurre notevolmente i livelli di zucchero nel sangue.

Ipertensione: Un recente studio ha dimostrato che i pazienti che soffrono di pressione alta possono avere benefici dal consumo giornaliero di infuso di foglie di ulivo.

Osteoporosi e artrite. L’infuso di foglie di ulivo può alleviare il dolore provocato da queste 2 condizioni.

Altri benefici

Le foglie di ulivo possono ridurre i danni alla pelle provocati dai radicali liberi e dall'esposizione ai raggi ultravioletti. 
Inoltre, hanno proprietà analgesiche e sono utili nel trattamento di condizioni dolorose.



La ricetta fatta in casa dell’infuso di foglie di ulivo è molto semplice


 
 


Per prepararlo servono innanzitutto le foglie, possibilmente biologiche.
 
 
Se sono fresche, è necessario procurarsene circa 150 per ogni litro d’acqua utilizzato. 
Se si opta per le foglie secche, invece, ne bastano la metà.

Dopo averle lavate accuratamente, vanno messe in una pentola piena d’acqua e portare ad ebollizione per 15 minuti.
 
Filtrare il liquidoe travasare il risultato del lavoro in bottiglie di vetro da conservare in frigorifero.

L’estratto di foglie di olivo si consuma in piccole quantità lontano dai pasti, anche due o tre volte al giorno.


 

lunedì 24 ottobre 2016

Gli innumerevoli benefici di miele e cannella


martedì 20 settembre 2016

Erisimo, erba dei cantanti.

The herb of the singers






L’erisimo, pianta della famiglia delle Brassicaceae o Cruciferae, è conosciuta anche come erba dei cantanti.
Perché?
Per la sua capacità di alleviare le infiammazioni della gola, in particolare raucedine e abbassamento della voce (problematiche che ovviamente sono molto serie per un cantante!) ma anche irritazioni dovute al troppo fumo.


Laringiti, faringiti e tracheiti possono essere alleviate ma anche prevenute grazie all’utilizzo di questa pianta sotto forma di tisana, di tintura madre o di compresse. La prima è più indicata in fase preventiva ma si può assumere anche ai primi sintomi di mal di gola, le seconde invece hanno un effetto maggiormente curativo e dunque sono consigliate nelle fasi più avanzate dell’infiammazione alla gola.

COME ASSUMERLO

Nel caso vogliate prevenire irritazioni alla gola o lenire i primi sintomi potete utilizzare una semplice tisana di erisimo che troverete facilmente in erboristeria.
Per prepararla utilizzate 1 cucchiaio di erba per ogni tazza d’acqua bollente, lasciandola in infusione coperta per una decina di minuti a fuoco ormai spento.
Dopo filtrate e bevete aggiungendo, se volete, un cucchiaino di miele (meglio se di eucalipto il più indicato per problemi di laringite e faringite).
Della tintura madre se ne consigliano invece da 30 a 50 gocce da assumere con un po’ d’acqua per 2/3 volte al giorno.
La dose delle capsule o compresse è invece scritta sulla confezione.

martedì 3 maggio 2016

Insalata di agrumi e avocado

Insalata di agrumi e avocado






Gli agrumi sono conosciuti per le loro proprietà depurative e drenanti: abbinateli all'avocado, per ottenere un piatto nutriente e leggero, perfetto per disintossicarsi!

Per preparare una gustosa insalata detox, sbucciate e ricavate gli spicchi di 2 arance, 1 pompelmo, 1 lime e 1 mandarino (o, se preferite, tagliate i frutti a fettine sottili).

Affettate finemente 1 avocado e immergetelo in una ciotola con dell'acqua e un po' di succo di limone, in modo che non diventi nero.

Quindi disponete il tutto su un piatto.

Aggiungete 1 scalogno tagliato a rondelle sottilissime.

Condite con 1 filo d'olio, sale e pepe.

Decorate infine con 1 mazzetto di menta tritata e 1 cucchiaio di pinoli spezzettati.


sabato 10 gennaio 2015

Pianta dell'immortalità - Jiaogulan o Gynostemma Pentaphyllum


Pianta erbacea perenne, la gynostemma pentaphyllum, è originaria del
Giappone e delle montagne cinesi. E’originaria della famiglia delle
Cucurbitaceae, la stessa delle zucche e dei cetrioli ma ha anche tantissime
altre sottospecie.

La gynostemma pentaphyllum è conosciuta anche col nome di Ginpent ,
Jiaogulan o “Makino” e ha innumerevoli proprietà terapeutiche conosciute fin
dall’antichità infatti nei testi di medicina cinese, viene classificata come una
pianta dagli effetti miracolosi e si usava già nel 1330 A.C.
Le sue virtù sono conosciutissime nel settore della fitoterapia e oggi che è
coltivata e conosciuta anche in Italia, viene coltivata soprattutto nelle pianure
del Nord dell’ Italia.

Oramai le proprietà terapeutiche di questa pianta sono talmente tante e
talmente apprezzate che gli appassionati di fitoterapia, la coltivano persino in
giardino o sul balcone di casa. Le radici della pianta sono rampicanti e le
foglie si presentano con il colore verdognolo a volte tendente al giallo mentre
il fusto è di colore bianco. I professionisti della fitoterapia, stanno ancora
compiendo degli studi approfonditi su questa pianta che vanta di tante
proprietà ma già essa è in vendita nelle erboristerie dove viene venduta in
capsule. Per quanto riguarda la raccolta e l’essiccazione, le foglie devono
essere necessariamente raccolte da Giugno ad Agosto, mesi in cui le
proprietà della pianta, risultano essere più attive.

Da molti lati la gynostemma pentaphyllum assomiglia al ginseng perché
migliora l’organismo donandogli una nuova energia e agisce sugli effetti
stressanti della vita ma al contrario del ginseng, ha un effetto molto più
calmante. Le saponine triterpeniche di cui le foglie di questa pianta è piena, fanno si che essa abbia l’effetto del ginseng ma triplicato.
Non tutte le persone che fanno uso dei derivati di questa pianta, hanno gli stessi effetti
infatti si alleviano diversi malesseri e non tutti gli individui, rispondono allo
stesso modo. Tuttavia sembra che le foglie della pianta sotto forma di infuso
o decotto, agiscano in diverse parti dell’organismo e leniscono il dolore,
laddove serve.

Se una persona per esempio, usa il decotto di foglie di gynostemma
pentaphyllum perché ha mal di testa, il dolore si calmerà ma nello stesso
tempo, si leniranno anche dolori come quelli reumatici o si abbasserà il
colesterolo se la persona ne è sofferente. Lo studio su questi fenomeni così
strani, è in atto ed è ancora tutto da scoprire certo è, che questa pianta, man
mano che viene studiata dalla scienza fitoterapica, fa stupire sempre di più.
Chi ha fatto uso di estratti o derivati della gynostemma pentaphyllum, sembra
abbia osservato anche risultati sorprendenti per quanto riguarda l’attività
sessuale e la disfunzione erettile ma questo settore è ancora in via di
sperimentazione.

Anche se le foglie della gynostemma pentaphyllum potrebbero essere
tranquillamente raccolte ed essicate col metodo del fai da te ed usate sotto
forma di decotto e tisane, sembra che il settore erboristico, proprio per le
grandi virtù di questa pianta, abbia fiutato il business e le erboristerie,
vendono soltanto estratti e capsule contenenti i principi attivi e il prodotto
viene altamente consigliato anche da un medico curante come adattogeno
nella dose di 150 ml due volte al giorno. Tuttavia gli amanti delle erbe
officinali, possono tranquillamente raccogliere le foglie ed essiccarle anche
se in erboristeria la gynostemma pentaphyllum, si vende sotto altre forme. Le
proprietà della pianta, stanno avendo talmente successo che anche nel
campo sportivo, le capsule sono notevolmente usate e gli stessi allenatori
consigliano agli sportivi, di assumerne 300 ml al giorno. Purtroppo bisogna
dire che i costi erboristici, non sono per niente contenuti anzi, la grande
pubblicità fatta a queste capsule, li ha fatti lievitare e vengono vendute con la
denominazione di integratori. Chi li ha usati, ha trovato enormi benefici e pare
che non ci siano controindicazioni che possano portare effetti tossici per un
sovradosaggio. Tuttavia è bene ascoltare sempre il parere di un medico
prima di usarli.

Per riprodurre questa pianta, non ci sono particolari difficoltà e si
piantano semplicemente i suoi semi. I semi vanno acquistati nei negozi
specializzati perché se il negozio non ha una buona vendita, c’è il rischio che
i semi siano scaduti o che il commerciante li tenga da troppo tempo
pregiudicando la vostra semina.

Comunque prima di effettuare la semina, mettete i semi in ammollo per 24 ore
perché questa è la prassi per una buona riuscita dei germogli in più, se i semi
affiorano sulla superficie, significa che non sono buoni e quindi è inutile che li
seminate se invece rimangono sul fondo, potete procedere alla loro semina
senza problemi. Interrateli in un semenzaio in un substrato di sabbia e torba.
Sappiate che la germinazione non avviene al 100% e parecchi semi non
riusciranno ad attecchire. Si avrà una germinazione pari al 35% e le piantine
che nasceranno andranno piantate quando le germinazioni raggiungeranno
due generazioni fogliari. Il semenzaio va tenuto in un posto ventilato ma non
direttamente al sole anche se l’illuminazione deve essere ottima.
Quando pianterete i germogli, abbiate la cura di tenere il terreno sempre ben
umido ma evitate i ristagni d’acqua nel sottovaso.




Preparazione ed uso:
Tisana: porre in infusione per 10
minuti un cucchiaino per tazza
(anche le foglie sono edibili).
Zuccherare e aggiungere limone e a
piacere. Bere da 1 a 3 tazze al
giorno.
Le foglie secche possono essere
aggiunte ad insalate od altri alimenti
a piacere.
Controindicazioni della
gynostemma:
Persone che prendono
anticoagulanti o con patologie legate alla coagulazione, non devono
assumere gynostemma.

venerdì 5 dicembre 2014

IL VIAGGIO






"Il mondo è un libro. Chi non viaggia ne legge una pagina soltanto."
(Sant'Agostino)
Ciascun individuo nasce in uno spazio e in un tempo precisi, e per tutta la vita è portato a credere che la specificità del suo piccolo mondo sia la realtà del mondo intero. Non è così, naturalmente, e per fortuna oggi, con la facilità degli spostamenti e delle comunicazioni, risulta più facile rendersene conto. Tuttavia, se è mutata la possibilità di conoscere altri luoghi, non altrettanto si può dire dell'effettiva volontà di comprendere ciò che è "diverso" dai propri schemi. Anche il viaggiatore, spesso, non fa che portare con sé la propria interpretazione della vita e le proprie abitudini, senza la disponibilità a mettersi in gioco, per il semplice desiderio di conoscere - e magari anche capire - altre visioni e possibilità  di esprimere il proprio stare  nel mondo.

Qual è, dunque, il motivo per cui si viaggia? È semplicemente un modo per occupare il tempo libero, per aggiungere una tacca - un'etichetta - alla Samsonite ultimo modello, per raccontare agli amici avventure improbabili, o forse invece il sistema più intelligente - e sperimentale - per vedere di persona, conoscere e comprendere?
Il viaggio, fin dai tempi più antichi, ha sempre rappresentato la spinta dell'uomo verso il nuovo, un arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze che ogni "viaggiatore" interpretava secondo le proprie aspirazioni: pensiamo ai viaggi di Platone, Pitagora in Egitto, di Marco Polo sino ai confini della terra verso Oriente; fino ad arrivare ai grandi viaggiatori, dal Cinquecento in avanti - navigatori, mercanti, predicatori, artisti, studiosi, anticonformisti in fuga da mondi troppo stretti.

C'è un'intera letteratura dedicata al viaggio, e non crediamo di esagerare affermando che molti balzi in avanti del sapere umano sono debitori degli scambi avvenuti tra popoli e paesi lontani e diversi. E tutto questo, quando viaggiare era davvero un'avventura, e anche solo spostarsi di qualche centinaio di chilometri, comportava la decisione di dedicare mesi - o anche diversi anni - della propria vita, solo a quello. Poi, nell'ultimo secolo, con la disponibilità di mezzi di trasporto più efficienti, veloci e a basso costo, è nato un modo nuovo di spostarsi, tanto da dover coniare un termine ad hoc per definirlo: il "turismo". Da una scelta di vita, da un atto che richiedeva passione e sacrificio, si è disinvoltamente passati ad interpretare il viaggio come "consumo", riducendo progressivamente tutte le difficoltà che un viaggiatore incontra sul percorso, fino a offrire pacchetti "all inclusive", in cui l'unica preoccupazione per l'utente è quella di riuscire a seguire un tizio con una bandierina in mano, o un buffo cappello.

Siamo naturalmente più che entusiasti della possibilità che oggi è data a chiunque di viaggiare in ogni luogo del mondo, ma ci resta la perplessità sul "modo", vista la facilità con cui molti pretendono di aver "capito" - per esempio - la Francia, dopo un "week end" a Parigi, vissuto tra charter e autobus a rotta di collo, comprensivo di visita al Louvre e a quei dieci monumenti da cartolina, al seguito del solito tizio che fa strada sbandierando un ombrellino.

Il viaggio è un'altra cosa. È innanzitutto una "disponibilità", frutto della sincera intenzione a vedere e comprendere: è l'aprirsi ad una possibilità, l'essere pronti a mettere in discussione certezze e visioni della vita, irrigidite da schemi e abitudini, riconoscersi cittadini di un mondo più grande ed essere disposti ad imparare, condividere e scambiare.
Tutto questo non può avvenire in poco tempo, né in contesti protetti, studiati proprio per non farci vivere il disagio della "diversità". Il tempo del viaggio è simile al tempo della vita: ha bisogno di uno spazio abbastanza ampio per esprimere qualcosa che valga la pena di essere fatto proprio.

Nell'Odissea di Omero il viaggio di Ulisse è un viaggio di ritorno dalla guerra ad Itaca. Ma leggendo attentamente la vicenda di Ulisse, si nota che il viaggio non può consistere solo nell'approdo al porto finale, ma piuttosto nel superamento di mille pericoli, ostacoli, prove e nella verifica delle esperienze. Porsi di fronte a "luoghi" sconosciuti facendoli nostri (confrontandoli, cioè, con ciò che noi conosciamo) ci permette di ri-conoscerci e di rivedere noi stessi alla luce di nuove scoperte.

Se la parola simbolon implicava in origine una connessione che si stabilisce tra due oggetti, il viaggio in quanto ponte è propriamente simbolo.
E' difficile, per non dire impossibile, precisare l'istante in cui comincia effettivamente il viaggio di un uomo attraverso la vita e stabilire da quando egli vi prende parte consapevolmente.

Sembrerà banale ma il primo elemento perché un viaggio abbia luogo è il soggetto stesso, perché non tutti coloro che sono per via stanno compiendo un viaggio, discriminante è l'atteggiamento soggettivo con cui si interpreta il viaggio, la vita.
E' l'orientamento della coscienza nei confronti delle esperienze a condizionare la possibilità che un viaggio accada, perché il "viaggiatore" non è colui che resta attaccato alla sua terra, il viaggiatore è un uomo che si risolve nel movimento continuo, nello sforzo ininterrotto di liberarsi da ogni legame interiore ed esteriore, trovando la propria stabilità nella continua trasformazione, affrontando l'esperienza della perdita della sovrana identità, della perdita della tranquillità e deN'autocompiacimento. Siamo viaggiatori non solo rispetto ai territori ma anche alle appartenenze culturali, alle identità, alle stagioni/età della vita. Nel percorso personale ed individuale di crescita, sviluppo, evoluzione e formazione abbiamo imparato nel tempo a sperimentare i temi, i problemi legati all'Infanzia, le difficoltà dell'adolescenza, l'avventura, le novità, la progettualità dell'età giovanile, le memorie, le riflessioni dell'età adulta.

Quindi siamo viaggiatori in transizione, rispetto ai tempi, ai territori, alle emozioni, ai contenuti, ai concetti e pensieri della nostra vita, dei progetti premeditati relativi al futuro ed alla riflessione rispetto alla reale e mutata immagine di noi stessi nell'attualità del presente.

Siamo viaggiatori rispetto allo spazio perché serbiamo in memoria territori e luoghi dell'infanzia remota di nostre profonde ed intime radici affettive, amicali, segnate dalle nostalgie, dal desiderio di ritorno e di appartenenza ad un luogo, teatro del vissuto.
Siamo viaggiatori rispetto alle nostre identità, attraversando spazi di vita diversi, nell'ambito degli affetti, delle professioni, dei vari luoghi teatro dell'esistenza in cui le differenti circostanze richiedono di essere attori proteiformi, diversi, transitori, ciclici, ricorsivi, in scomode e continue metamorfosi, transizioni, traslazioni, usando linguaggi, modi di essere e comunicare differenti, mimetici, caleidoscopici, attuando così plurime forme di erranza, di trasmigrazione nel quotidiano. Il viaggio è un percorso all'interno delle proprie abitudini e dei propri pregiudizi; è la speranza - e la scoperta meravigliata - che esistono mille altri modi di mangiare quel cibo, di costruire la casa in cui vivere, di concepire la vita con gli altri, di godere una giornata di sole. Solo così, crediamo, si potrà a poco a poco sentirsi a casa dovunque, parlare ad ogni uomo come ad un amico, superando con la vita vissuta la ristrettezza mentale che ci fa sentire unici e "più furbi" di tutti. Solo così si vincerà la paura del "diverso" che, in ultima analisi, potrebbe essere il timore inconscio di scoprire che il nostro non è forse il modo migliore di vivere, e magari - sotto sotto - ci siamo persi qualcosa, e abbiamo sprecato tempo prezioso
Viaggiare è scoperta, stupore, meraviglia, illusione rispetto all'altro, al diverso, per questo comporta fatica, difficoltà, incomprensione, conflitto.

E' incontro con altre dimensioni culturali, altri luoghi, differenti territori e paesi, è smarrimento, abbandono, dimenticanza, oblio di riferimenti, appartenenze, sperimentazione e riscoperta di nuovi sentimenti, emozioni, stati d'animo. Quando incontriamo le "affinità", l'esatto contrario delle "diversità", quando amiamo e accettiamo coloro che ci somigliano, che ci sono affini, siamo confermati nei nostri assunti, nelle nostre categorie di pensiero, matrici culturali di senso, di riferimento, di valori nella condotta nel comportamento etico, in asserzioni e stereotipi, che vengono confermati e resi più sicuri, stabili, corroborati e suffragati da certezze. Ma questo atteggiamento passivo, statico può significare e comportare immobilità, chiusura, preclusione, evitando di intraprendere la strada del cambiamento, della scoperta, dell'apprendimento attraverso la relazione, nell' "avventurarsi altrove", nel "ricercare oltre". Tornando a rileggere la personale biografia ci si accorgerà che l'apprendimento avviene solo nell'incontro con la differenza, l'ostacolo, la promiscuità, la discrepanza, l'altro e gli altri da sé perché le affinità confermano, appagano, giustificano, accolgono, mentre le diversità scompigliano, modificano, smentiscono, infastidiscono, disapprovano, negano, rifiutano, sconfessano, mettono in crisi i nostri assunti, le categorie di pensiero, le certezze precostituite, permettendo di intraprendere percorsi nuovi di senso e significato dell'esistere. L'incontro, il confronto con la diversità attraverso il viaggio, significa apertura verso il nuovo, sviluppo del pensiero, evoluzione nelle formulazioni concettuali, nel relazionarsi con se stessi e con il mondo, eliminando le incomprensioni.
E' la messa in discussione della coscienza e non solo la coscienza del poter mettere in discussione. Viaggiando i propri usi e costumi si confrontano, si contaminano, si compenetrano con gli altri e se morale vuol dire costume ecco che si profila all'orizzonte la fine delle nostre etiche fondate sulla nozione di proprietà, confine, nazione. La differenza sarà il terreno su cui far crescere le decisioni etiche, tenendo conto della differenza delle esperienze, cercando il centro non nella rete delle leggi del territorio, ma in quei due poli che Kant indicava nell'anima e nel cielo stellato che per ogni viaggiatore hanno sempre costituito gli estremi dell'arco in cui si esprime la sua vita in tensione. L'accezione del termine "differenza" (dal latino dif-fero, disseminare, scombussolare, spargere) implica l'idea della pluralità, pluriverso olistico globale ed oonnicomprensivo del concetto più circoscritto di "diversità" (dal latino diverto, diversus, contrario, opposto a, differente da).
Il territorio multiculturale, potenzialmente interculturale, che vede l'avvicendarsi degli spostamenti, migrazioni di interi popoli, che mette a confronto differenti diversità, meticciamenti, etnie, promiscuità e difficoltà aspiranti all'integrazione, all'accettazione, accoglienza e condivisione dell'altrui differenza, non per sconfiggerla, annientarla, ghettizzarla, deturparla, omologarla, in piatte, avvilenti, discriminatorie standardizzazioni, ma per riconoscerla e rispettarla, nella valorizzazione, arricchimento e accrescimento reciproci, è il teatro della fiumana degli eventi, in cui ognuno agisce come attore consapevole del proprio sé, nella costruzione dell'immenso mosaico della storia e dell'esistenza nel corso ricorsivo, ciclico, proteiforme dell'evoluzione dei tempi, del relazionarsi degli eventi.
Solo riappropriandoci come società multietnica, aperta alle frontiere, ai confini europei, di una ormai confusa identità ottenebrata e degradata dal consumismo esasperato, dal livellamento culturale delle coscienze, solo diventando attori del proprio sé, protagonisti consapevoli della propria storia di vita e di formazione, sarà possibile recuperare i valori significanti di confronto e arricchimento culturale ed interetnico vicendevole, nell'ambito di pluralità d'identità interagenti all'interno del tessuto sociale, mediante l'interscambio, accoglienza ed accettazione, non falsamente ed ipocritamente tollerante del "diverso", dell'"altro da sé", dell'immigrato, straniero, portatore di novità, di cambiamento, nella certa e riconquistata consapevolezza, data dalla riflessione sul personale passato storico, collettivo e individuale, soggettivo, volta a rispondere alle domande esistenziali ultime, cardine dell'uomo e della memoria dei tempi: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
Così il prossimo sarà sempre meno " l'altro" e sempre più specchio di noi stessi, permettendoci di trovare la nostra UMANITÀ'.

Ma....allora....dovunque decidiamo di andare ci siamo già.....per il solo fatto di essere vivi, dobbiamo solo renderci conto che, ci piaccia o no, stiamo percorrendo un cammino, il cammino della vita, e alla fine troveremo noi stessi.